Lo Smart Working in gravidanza: i sostegni e le misure

Circa otto milioni di italiani durante il 2020 hanno conosciuto, per un periodo più o meno lungo, lo smart working. Tra le categorie di lavoratori maggiormente coinvolte rientrano sicuramente le donne in stato interessante..

Specie in seguito alla prima ondata dell’epidemia da Covid-19 che ha costretto il Governo a adottare il lockdown nazionale, molte aziende hanno dovuto interrompere le attività produttive. Laddove possibile, anche nella Pubblica Amministrazione, si è provveduto a garantire la continuità dei servizi tramite il lavoro agile.
Dopo aver compreso a più livelli che dovremo probabilmente convivere ancora per un po’ di tempo con il Coronavirus, è necessario consentire a chiunque ne abbia il diritto o la necessità di svolgere il proprio lavoro anche in smart working.

Andiamo a vedere qual è lo stato dell’arte in Italia rispetto ad una questione molto importante e, allo stesso tempo, delicata.

È possibile lavorare in Smart Working se si è in stato interessante?

Una donna in stato interessante ha bisogno di essere tutelata in tutti i modi possibili. Nel mondo del lavoro, specie nel settore privato, questo non sempre avviene. Accade, spesso, che una donna incinta finisca ai margini di un’azienda e faccia fatica a conservare il proprio posto di lavoro, anche dopo il lieto evento del parto.

Eppure, laddove possibile, lo Smart Working in Italia potrebbe rappresentare una soluzione comoda e flessibile sia per le lavoratrici che per i datori di lavoro.
Chiaramente, il consiglio è di organizzare il lavoro in maniera sicura e confortevole, sotto tutti i punti di vista. In primo luogo, è fondamentale rispettare le indicazioni sulla sicurezza presenti nel regolamento aziendale.

Inoltre, trascorrere molte ore dinnanzi ad un computer non sempre è l’ideale. Meglio stabilire, insieme al datore di lavoro, delle pause da utilizzare per rilassarsi, per poi successivamente proseguire con lo svolgimento della prestazione. Ultimo, non per importante, è il consiglio di dotarsi di una sedia ergonomica e comoda. In questo modo, la sessione di lavoro verrebbe vissuta con maggiore tranquillità.

Smart working e maternità: i fattori da tenere a mente

La maternità è un momento fondamentale nella vita di una donna. Vivere questo periodo in maniera eccessivamente stressante può essere deleterio sia per la donna stessa che per la salute della creatura che porta in grembo.

Il lavoro è certamente un fattore di stress ma, allo stesso tempo, vi è l’esigenza di proseguire regolarmente con lo svolgimento dell’attività lavorativa. Il lavoro agile potrebbe rappresentare il giusto compromesso per tutte le donne in gravidanza.

In questo modo, si eviterebbero diversi grattacapi, come ad esempio la necessità di dover raggiungere ogni giorno il luogo di lavoro, spostandosi con mezzi privati o pubblici. Inoltre, eccezion fatta per i periodi di congedo stabiliti dalla legge, potrebbe essere opportuno consentire alla donna di lavorare in smart working anche dopo il parto.

Sappiamo bene quanto siano delicati i primi mesi di vita di un bambino. Permettere ad una madre di continuare ad occuparsi di suo figlio lavorando da casa è un’opportunità che le aziende dovrebbero quantomeno prendere in considerazione.

Quali sono le misure di sostegno economico a supporto della maternità?

Facciamo un po’ di ordine e analizziamo le norme che disciplinano l’attività lavorativa per le donne in gravidanza. In base a quanto stabilito dal Decreto Legislativo 151/2001, una donna incinta deve astenersi dal lavoro durante i due mesi che precedono la data presunta del parto e durante i tre mesi successivi al parto.

L’eccezione consiste nell’opportunità di usufruire della flessibilità del congedo di maternità. L’articolo 20 del D. Lgs. 151/2001 consente alla donna di posticipare l’inizio del congedo ad un mese prima dalla presunta data del parto. In un caso simile, la fine del congedo slitterebbe a quattro mesi post partum.

Ulteriori novità sono giunte nel 2019, con l’approvazione della Legge di Bilancio che riconosce alle donne l’opportunità di astenersi dal lavoro esclusivamente entro i cinque mesi successivi al parto. In situazioni del genere, la donna arriverebbe a lavorare fino alla data presunta del parto.
In questo caso, così come nei casi precedentemente elencati, un medico competente o lo specialista del Servizio Sanitario Nazionale deve attestare che l’opzione scelta non metta a rischio la salute della donna, tantomeno quella del nascituro.

Cosa cambia a livello retributivo per le donne che usufruiscono del congedo di maternità? Durante i periodi di congedo di maternità, alla lavoratrice deve essere riconosciuto un compenso pari all’80% dell’indennità giornaliera. Il calcolo va effettuato considerando l’ultimo mese di lavoro che precede l’avvio del congedo stesso. L’indennità viene, in genere, anticipata dal datore di lavoro.

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