Smart working: il caso studio Barilla

Barilla è stata una delle prime aziende italiane a dare vita ad iniziative di smart working. Lo ha fatto in tempi non sospetti, quando il lavoro flessibile era una possibilità che in pochi conoscevano e quando anche dal punto di vista normativo non vi era ancora una normativa ad hoc.

Questa è l’ennesima conferma della lungimiranza di una realtà da sempre fiore all’occhiello dell’imprenditoria made in Italy. Un’azienda che ama non soltanto guardare al futuro ma soprattutto anticiparlo, attraverso progetti concreti, sostenibili ed in grado di impattare positivamente sul benessere delle risorse che ne fanno parte, a cominciare dai dipendenti.

Barilla e i suoi dipendenti

In Barilla si è incominciato a parlare di smart working nel 2013 quando è stato avviato un progetto pilota su un campione di 300 dipendenti risiedenti in 5 differenti Paesi.

Il percorso verso un impiego sempre più ampio del lavoro agile è proseguito con nuovi progetti che hanno consentito ai dipendenti di adottare il lavoro flessibile per 4 giorni al mese. A partire dal 2016, però, la multinazionale emiliana della pasta ha annunciato la volontà di estendere lo smart working ai suoi impiegati nel mondo, dando loro la possibilità di fare lavoro agile per 8 giorni al mese.

Barilla non ha mai nascosto le proprie ambizioni, dichiarando di voler garantire entro il 2020 a tutti i dipendenti la possibilità di fare smart working, senza limiti di tempo.

Non sono mancate di certo le difficoltà. Barilla ha riscontrato, soprattutto quando i progetti sono stati estesi ad un range di impiegati molto più ampio, una conoscenza ancora scarsa degli strumenti tecnologici. Per ovviare a questo gap, l’azienda ha organizzato degli open-day con le risorse del Reparto IT che hanno messo a disposizione le loro competenze per supportare i colleghi rispetto al corretto utilizzo della tecnologia in ambito professionale.

Il progetto “Smart Working”

Il progetto smart working di Barilla non nasce solo dall’idea di offrire alle risorse umane interne la possibilità di conciliare meglio le esigenze lavorative con quelle personali e familiari. L’azienda emiliana, sin da subito, valorizza il lavoro agile come strumento in grado di generare un impatto positivo anche a livello ambientale. Il discorso concerne soprattutto la riduzione delle emissioni di CO2,favorita dalla riduzione degli spostamenti dei dipendenti.

Da non sottovalutare, ovviamente, anche i risparmi economici che Barilla ha stimato in una cifra superiore ai 2.000 € per ogni singolo impiegato.

Per Barilla adottare lo smart working significa offrire agli impiegati la possibilità di lavorare in qualunque momento, da qualunque luogo e con gli strumenti che la tecnologia mette a disposizione. Lavoro agile, però, vuol dire anche utilizzare in modo differente gli spazi. In tal senso, Barilla ha lavorato con l’obiettivo di creare, anche all’interno degli uffici, spazi di lavoro in grado di favorire la comunicazione e la collaborazione tra i dipendenti.

Il terzo fondamentale punto del progetto smart working di Barilla è l’opportunità di lavorare sfruttando tecnologie molto più innovative e performanti. La realizzazione di un nuovo modello lavorativo non sarebbe stata possibile in assenza di un’infrastruttura tecnologica adeguata.

il caso studio Barilla sullo smart working in italiaPerché prendere spunto da Barilla

Molte piccole e medie imprese potrebbero trovare molto utile il caso Barilla. L’azienda stessa, in più occasioni, ha sottolineato i vantaggi che l’impiego dello smart working ha permesso di ottenere.

Rispetto, ad esempio, allo stato d’animo dei dipendenti, Barilla organizza periodicamente dei focus group che hanno sempre fornito risultati incoraggianti. In particolare, per gli impiegati di Barilla fare smart working è importante perché aiuta a bilanciare meglio la vita professionale, privata e sociale.

La multinazionale non ha fatto mistero dell’aumento della produttività che è stato registrato in seguito all’adozione dello smart working in Italia. Certo, affinché ciò possa accadere, è fondamentale attivare un protocollo di lavoro ed organizzativo di grande qualità, aspetto tutt’altro che trascurabile e marginale.

Inoltre, , Barilla ha saputo conciliare le differenti esigenze dei propri dipendenti attraverso lo smart working. Questo vuol dire che l’azienda ha adottato un modello di smart working in grado di tenere conto delle necessità dei dipendenti, sia di quelli italiani che degli impiegati che lavorano in altri Paesi e nei quali sussistono abitudini, culture ed usi diversi.

Infine, l’azienda italiana ha ammesso che tramite il lavoro agile, soprattutto in specifici comparti dell’organizzazione, è cresciuta la tendenza all’innovazione. Gli ambienti di lavoro flessibili hanno, dunque, favorito e stimolato la creatività degli impiegati.

Il caso Barilla insegna che fare smart working è possibile ma solo a condizione che sia l’azienda, sia i dipendenti, siano pronti ad un radicale cambio di paradigma. Prima di gettarsi a capofitto nel lavoro flessibile, quindi, è bene che i manager delle aziende facciano un’analisi a 360° dei costi/benefici dello smart working, valutando con sincerità e attenzione la sua eventuale integrazione con la storia, la cultura ed i valori dell’organizzazione.

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